Quest’anno il
Premio Speciale Cristina Tiliacos lo abbiamo assegnato a
Luciana Baldoni, Dirigente di Ricerca del
CNR - Istituto di Bioscienze e Biorisorse, con sede a Perugia. Si tratta del riconoscimento più significativo e illustre di Flos Olei, dedicato a quanti – persone, enti, associazioni – operano con impegno nella diffusione e valorizzazione della cultura del settore olivicolo. Il lavoro, presente e pregresso, dell’istituto diretto dalla dottoressa Baldoni, le attività in corso e quelle in programma, diverse declinazioni dello studio della pianta dell’olivo dal punto di vista genetico, evidenziano un livello di ricerca davvero avanzato e suscettibile di ulteriori sviluppi futuri, con applicazioni in diversi campi: da quello agronomico a quello produttivo, da quello salutistico a quello ambientale.
UNA VITA DI RICERCA DEDICATA ALLA PIANTA DELL’OLIVO
Luciana Baldoni si occupa di genetica applicata alle piante e di miglioramento genetico dall’inizio degli anni Novanta e i suoi studi hanno sempre preso in considerazione esclusivamente l’albero dell’olivo. «
Una delle premesse importanti da fare - ci spiega, cercando di rendere a noi accessibile una materia così complessa -
è che il patrimonio olivicolo mondiale è in realtà molto più ricco di quanto non si conosca finora». Si tratta di un capitale enorme, a cominciare dalla quantità di varietà esistenti, ognuna con caratteristiche diverse sotto molteplici aspetti, per esempio come produttività o come capacità di reagire agli agenti patogeni o di adattarsi all’ambiente. L’Italia in particolare, non avendo finora visto un radicale rinnovamento degli impianti, ha ancora a disposizione un parco per così dire “vergine”, caratterizzato da una straordinaria variabilità. E proprio questo è il nostro tesoro da studiare. Sono numerosi gli esempi che si possono fare.
«Sono trent’anni che mi occupo di questa materia e sono trent’anni che lo faccio studiando l’olivo».
IDENTIFICAZIONE DELLE CULTIVAR: RELAZIONI GENETICHE E STUDI DI DOMESTICAZIONE E ORIGINE
Uno degli obiettivi principali è sicuramente l’identificazione delle cultivar e la loro differenziazione. «
In Umbria abbiamo raccolto centinaia di campioni da alberi vecchi o antichi e li abbiamo analizzati con marcatori a Dna, riuscendo a identificare circa 350 varietà sconosciute, oltre alle 10 già note e maggiormente diffuse in coltura. Circa 150 di queste sono state propagate e messe in campi di comparazione e valutazione per verificare le loro caratteristiche agronomiche (velocità di accrescimento e di entrata in produzione, architettura dell’albero, produttività, resistenza alle malattie, tolleranza agli stress ambientali, caratteristiche qualitative dei frutti e dell’olio) a confronto con le cultivar regionali più importanti di riferimento. I primi risultati della valutazione verranno presentati a breve».
Queste attività a livello locale vanno di pari passo con un programma più ampio e unico in Italia (progetti simili esistono finora solo in Spagna e in Marocco): la costituzione di una collezione, con dati molecolari certi (mediante analisi molecolare), di oltre mille varietà di olivo. E i ricercatori stanno lavorando per entrare in collaborazione con il Consiglio Olivicolo Internazionale al fine di gestire un’unica banca dati.
ANALISI DEL SISTEMA DI INCOMPATIBILITÀ
Strettamente legato a questi studi sulle cultivar è quello sul sistema di incompatibilità, ovvero su quel fenomeno per il quale il polline non riesce a fecondare gli ovuli e a formare i frutti. Per cui varietà incompatibili tra loro sono totalmente sterili e incapaci di fruttificare. Mentre era già nota l’auto-incompatibilità per la maggior parte delle cultivar di olivo, recenti scoperte hanno evidenziato che, più specificatamente, queste sono divise in due gruppi (G1 e G2): quelle del primo gruppo sono auto e inter-incompatibili tra loro, e invece compatibili con tutte le cultivar del secondo gruppo; e viceversa. «
Questa scoperta - commenta la professoressa -
può spiegare le cause della scarsa produttività di alcune varietà in certi ambienti e, soprattutto, potrà consentire di pianificare i nuovi impianti facendo in modo di combinare cultivar compatibili tra loro e quindi in grado di fecondarsi e produrre frutti».
PIANTA E AMBIENTE
Un altro lavoro, di stringente attualità anche per la sua rispondenza alle istanze green, è quello riguardante la valutazione della reazione della pianta agli stress ambientali e alle malattie. La scelta delle cultivar per la realizzazione dei nuovi impianti, infatti, deve tenere in considerazione, oltre alla produttività e alla qualità del prodotto finale, anche le caratteristiche di risposta delle piante al contesto, da cui dipende la sostenibilità degli oliveti in termini di trattamenti chimici e la capacità di fruttificare in condizioni non ottimali, con ridotte risorse idriche o in presenza di avversità climatiche. «
Anche questo comportamento della pianta - spiega la Baldoni - è sotto controllo genetico ed è regolato da determinanti genetici specifici e ancora sconosciuti. Stiamo lavorando per la loro identificazione».
GASTRONOMIA E SALUTE
Ma ci sono altri studi in campo. Uno dei più interessanti potrebbe trovare applicazione in ambito farmacologico nonché gastronomico: «
Le cultivar di olivo manifestano una grande variabilità in termini di contenuto, nei frutti e quindi nell’olio, di composti di interesse salutistico e organolettico. La sintesi di metaboliti specifici dell’olio (l’oleuropeina, l’oleocantale, l’idrossitirosolo, lo squalene, etc.) è sotto stretto test genetico e noi stiamo studiando i geni che controllano il contenuto di questi composti o dei loro precursori, per cercare di identificarli e utilizzarli per lo screening delle varietà e per lo sviluppo di quelle ad alto contenuto degli stessi».
PROGETTI FUTURI
Un altro campo potenzialmente interessato da queste ricerche è quello delle frodi, tristemente frequenti nel settore dell’olio. L’analisi molecolare che permette di estrarre il profilo del Dna dell’olio potrebbe infatti essere utilizzata per certificare la sua provenienza da una determinata cultivar. Ma si tratta di un percorso complesso e ancora in fieri: la dottoressa Baldoni è piuttosto cauta, viste le difficoltà tecniche tuttora riscontrate non tanto negli oli monovarietali quanto nei blend, ma auspica che si continuino a investire energie anche su questo fronte, data la sua rilevanza in un ambito così delicato.